Schopenhauer riprende da Kant i concetti di fenomeno e noumeno. Il fenomeno è il prodotto della nostra coscienza, esso è il mondo come ci appare mediante le forme a priori dell'intelletto (tempo, spazio, causalità), mentre il noumeno è la cosa
in sé, fondamento ed essenza vera del mondo. Il fenomeno materiale è
dunque per Schopenhauer solo parvenza, illusione, sogno: tra noi e la
vera realtà è come se vi fosse uno schermo che ce la fa vedere distorta:
il velo di Maya di cui parla la filosofia indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà.
Il mondo dunque è una mia rappresentazione, una
mia illusione ottica. Schopenhauer, e qui traspare l'influenza dello
studio di Platone, ritiene che la rappresentazione, cioè la realtà che
ci si para davanti, sia nient'altro che una fotocopia mal inchiostrata, celante la vera realtà delle cose.
Per poter giungere alla realtà noumenica, quella
vera, non si può quindi percorrere la strada della conoscenza
razionale, visto che è relegata alla sfera della rappresentazione che in
base al quadruplice principio di ragion sufficiente ci mostrerà sempre un mondo totalmente determinato.
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